Prestito a dipendenti da datore di lavoro: come funziona?

Prestito personale, cessione del quinto, finanziamenti tra privati….sono diverse le opzioni a disposizione dei lavoratori dipendenti che hanno intenzione di richiedere delle somme di denaro: tra queste bisogna parlare anche del prestito a dipendenti da datore di lavoro. Non si parla molto di questa soluzione, ma merita comunque un approfondimento: vediamo di cosa si tratta e come funziona.

Come funziona il prestito a dipendenti da datore di lavoro?

Il prestito a dipendenti rientra tra quei beni e servizi che vengono forniti dal datore di lavoro e possono concorrere alla formazione del reddito dei dipendenti che li ricevono. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) ne parla al comma 4 dell’articolo 51: quando c’è un prestito da datore di lavoro a dipendente, il 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolati secondo il tasso ufficiale di riferimento di fine anno (TUR) e l’importo degli interessi calcolati al tasso realmente applicato per il finanziamento in questione costituisce reddito da lavoro.

  • Questa regola è valida per tutte le forme di finanziamento che vengono erogate dal datore di lavoro, a prescindere dalla durata e dalla valuta;
  • la disposizione è valida sia quando il prestito a dipendenti viene erogato direttamente dal datore di lavoro che quando viene concesso tramite terzi con cui il datore di lavoro ha stipulato convenzioni o accordi;
  • l’importo del fringe benefit viene assoggettato a tassazione nel momento in cui vengono pagate le singole rate di rimborso;
  • se sul prestito viene applicato un tasso di interesse variabile, il prelievo alla fonte effettuato ad ogni pagamento delle singole rate deve considerare anche le eventuali variazioni rispetto al tasso di interesse iniziale;
  • se il prestito invece viene erogato a tasso zero, il calcolo dell’importo su cui si deve applicare la tassazione va effettuato alla scadenza di ciascuna rata di ammortamento della quota capitale;
  • se la restituzione del capitale avviene in un’unica soluzione, ma oltre il periodo d’imposta, l’importo maturato deve essere comunque assoggettato a tassazione a fine anno in sede di conguaglio.

Come abbiamo visto prima, la regola prevede che venga utilizzato come parametro il tasso di riferimento di fine anno, ma considerando che la tassazione sul fringe benefit avviene alla scadenza di ogni rata è possibile applicare il tasso di riferimento provvisorio (ovvero vigente nel periodo d’imposta precedente), effettuando l’eventuale conguaglio al termine del periodo d’imposta. La soglia di esenzione del fringe benefit è stabilità in 258,23 euro.

Casi particolari e convenienza del finanziamento

Le regole che abbiamo visto non si applicano al prestito a dipendenti erogato prima dell’inizio del 1997, per quello di durata inferiore ai 12 mesi concesso ai dipendenti in cassa integrazione guadagni o in contratto di solidarietà, per quello concesso ai dipendenti vittime di usura e per quello concesso a dipendenti che possono fruire delle erogazioni pecuniarie per recuperare i danni causati dal rifiuto opposto a richieste estorsive subite.

Lo strumento del prestito a dipendente da datore di lavoro può essere conveniente per entrambe le parti: il dipendente può beneficiare di un tasso di interesse che generalmente è più basso rispetto a quello applicato da banche e finanziarie, oltre che di una maggiore facilità di accesso al credito, mentre il datore di lavoro può rafforzare il rapporto di fiducia con il suo dipendente e, cosa da non sottovalutare, può rafforzare la sua forza contrattuale nei confronti degli istituti di credito.